Hikikomori: un fenomeno da monitorare

Hikikomori” in giapponese significa letteralmente “stare in disparte” ed è quindi diventato il termine per descrivere l’isolamento sociale volontario che porta i giovani a chiudersi in casa evitando per lunghi periodi – talvolta anche anni – interazioni con gli altri (nei casi più gravi anche con i genitori). Ogni contatto con il mondo esterno viene rifiutato.

Di solito è un forte senso di inadeguatezza a spingere i ragazzi a compiere un gesto del genere.

Sensazioni che – per certi aspetti – assomigliano al forte disagio interiore provato dalle vittime di bodyshaming, argomento che mi è molto caro e sul quale con l’intergruppo parlamentare che coordino abbiamo recentemente affrontato il tema dei disturbi del comportamento alimentare ad esso connesso. Pur nella loro diversità, trovo vi siano analogie con gli hikikomori: a partire dall’insicurezza, dalla bassa autostima e dal timore del giudizio altrui anziché in una stanza ci si rifugia nel cibo, ma anche – in casi opposti – ci si chiude al cibo anziché al mondo esterno.
Reazioni molte volte incomprensibili che si ripercuotono gravemente sulla salute fisica e mentale dell’individuo.
È importante notare che, sebbene ci siano analogie tra questi fenomeni, ognuno è un problema complesso con sfumature e cause specifiche.

In ogni caso sono entrambe manifestazioni a livello comportamentale del disagio giovanile che non possiamo ignorare e anzi dobbiamo indagare più a fondo per poterle combattere.

La consapevolezza e il supporto sono fondamentali per aiutare le persone affette da entrambi questi problemi a superarli.

La pandemia di COVID-19 ha lasciato profonde cicatrici nelle giovani generazioni, rendendo il fenomeno dell’Hikikomori ancora più evidente. Secondo alcune stime effettuate sarebbero ben 100 mila i giovani italiani toccati da questo disagio esistenziale: un numero davvero significativo.

Gli Hikikomori sono soprattutto giovani tra i 14 e i 30 anni, maschi nel 70-90% dei casi, anche se il numero delle ragazze isolate potrebbe essere sottostimato dai sondaggi effettuati finora.

Queste esistenze spezzate di ragazzi dal futuro ancora inespresso e le conseguenti problematiche affrontate dalle famiglie coinvolte richiedono una risposta decisa da parte delle Istituzioni.

La mozione che stiamo votando oggi intende impegnare il Governo su diversi fronti.

Sosteniamo l’attivazione di progetti volti a prevenire e affrontare il ritiro sociale tra i giovani.

Riconosciamo l’importanza di una commissione di esperti per individuare i sintomi e identificare i soggetti coinvolti in questo fenomeno.
Inoltre, promuoviamo la realizzazione di studi su scala nazionale per comprendere meglio l’entità di questo problema, su cui finora purtroppo non sono stati fatti molti approfondimenti scientifici.

La mozione prevede anche una campagna informativa sul fenomeno, coinvolgendo le scuole e le università. Riteniamo essenziale fornire una formazione adeguata agli insegnanti e agli operatori del settore per riconoscere e affrontare il ritiro sociale e l’abbandono scolastico.

Dobbiamo anche impegnarci a sostenere il reinserimento sociale dei giovani colpiti da Hikikomori, fornendo supporto psicologico e misure specifiche, specialmente per coloro che si trovano in situazioni economiche fragili.
Il potenziamento dei servizi psicologici presso strutture pubbliche e la formazione di comunità dedicate rappresentano passi importanti.

In un momento di emergenza educativa e crescente ansia tra i giovani, dobbiamo assicurarci di non abbandonare nessuno alle proprie paure. Dobbiamo investire nelle nuove generazioni e prevenire l’isolamento volontario degli adolescenti.

Infine, questo fenomeno richiede una maggiore informazione e consapevolezza. Gli esperti ci dicono che la non conoscenza amplifica il problema. Pertanto, dobbiamo lavorare su una reale informazione che coinvolga le scuole e soprattutto le famiglie consentendo loro di cogliere i segnali e ridurre il numero di casi.

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