La valutazione probatoria nei reati di natura sessuale e la condizione particolare della vittima di quel tipo di abusi, spesso assalita da «sensi di colpa» e da timori di varia natura

Cass. pen., sez. IV, ud. 10 giugno 2025 – dep. 13 agosto 2025, n. 29490

Nell’ambito dell’accertamento di reati sessuali, la deposizione della persona offesa, seppure non equiparabile a quella del testimone estraneo, può essere assunta anche da sola come fonte di prova della colpevolezza, ove venga sottoposta ad un’indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l’ha resa, dato che in tale contesto processuale il più delle volte l’accertamento dei fatti dipende necessariamente dalla valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall’esterno, all’una o all’altra tesi.
Le dichiarazioni della persona offesa, vittima del reato di violenza sessuale, quindi, possono essere assunte, anche da sole, come prova della responsabilità dell’imputato, non necessitando le stesse di riscontri esterni; proprio in tema di reati sessuali, infatti, l’accertamento dei quali passa, nella maggior parte dei casi, attraverso la necessaria valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall’esterno, all’una o all’altra tesi.

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Presidente della Commissione Bicamerale di inchiesta sul femminicidio nonché ogni altra forma di violenza di genere